Bruno C. Gargiullo e Rosaria Damiani

Gli uomini non nascono uguali ed il loro diverso destino, almeno sotto il profilo della propensione alla violenza, non dipende unicamente dalle influenze familiari, sociali ed esperienziali.
Da quando la brain imaging ha permesso ai ricercatori di esplorare il cervello dei criminali violenti, comparandolo con quello delle persone “normali”, nuovi orizzonti si sono aperti alla ricerca in campo neurocriminologico, mettendo in risalto l’esistenza di basi neurobiologiche nel comportamento criminale e richiamando l’attenzione dei giudici sulla possibile applicazione delle neuroscienze in ambito penale.
Ma cerchiamo di entrare nel cervello di Randy Steven Kraft (nato il 19 marzo 1945 a Long Beach, California), un serial killer americano dalla mente omicida.
Una persona apparentemente normale, proveniente da una famiglia rispettabile, senza alcun problema di apprendimento, con un Quoziente intellettivo di 129.

I genitori di Kraft, appartenenti ad una middle-class di area conservatrice, si trasferirono in California dal Wyoming prima della sua nascita. Era il quarto figlio, di cui l’unico maschio.

Se si visiona il sito web di Randy, è impossibile non notare immagini che ritraggono la spensieratezza della sua infanzia degli anni ’50 e ’60 (ricordi felici delle giornate trascorse con suo papà al bowling o con sua madre a preparare le fragole con la panna montata, le emozioni del primo ballo ad una festa scolastica). Scorrendo il sito è possibile assaporare le emozioni e le sensazioni vissute in quel periodo (Adrian Raine, Anatomia della violenza, Mondadori Università, 2016).
Crescendo, Kraft era considerato un brillante ed erudito studente della Westminster High School, dove si laureò nel 1963. Dopo la laurea frequentò il Claremont McKenna College di Claremont, in California.Nel 1965 prese servizio come barista in un locale per gay. In quel periodo, chi lo conosceva, aveva notato il suo ampio uso di Valium per combattere i dolori di stomaco e i frequenti mal di testa. Kraft conseguì una seconda laurea in economia nel 1968. Nel 1969, Kraft rivelò alla sua famiglia la sua omosessualità. Arruolatosi nella Air Force, venne congedato nello stesso anno per il suo orientamento sessuale. Costretto a lasciare l’esercito, Kraft riprese la sua carriera di barista.
Eppure, nonostante questa sua “apparente normalità”, l’uomo è stato condannato alla pena capitaleper 16 omicidi ed è sospettato di averne commessi almeno altri 51 (https://randykraft.com/). La condanna venne confermata dalla Corte Suprema della California l’11 agosto del 2000. Ancora oggi è in attesa, nel braccio della morte, della sua esecuzione.


“La scelta delle vittime, la pianificazione della serata – inaugurata con un apparentemente innocuo drink in amicizia – la sbronza e lo stringersi del legame con il malcapitato, sempre con il mantenimento della lucidità necessaria per non perdere la capacità di gestire la situazione; dunque la scelta del momento giusto per colpire e l’escalation finale, la droga alla vittima, l’assicurarsi che sia ben legata e che non possa scappare. E tutti quei corpi di cui liberarsi, tutta quella roba da pulire. Compiere un omicidio nel cuore della notte e poi presentarsi al lavoro in orario, per affrontare una dura giornata al computer. Ma come faceva?”

(Adrian Raine, Anatomia della violenza, Mondadori Università, 2016, pagina 86).


Se si osserva la PetScan, in allegato a detto post, possiamo notare tre scansioni in fila: a sinistra c’è la scansione di un soggetto normale, al centro quella di un pluriomicida, ovvero Randy Kraft e a destra quella di un assassino impulsivo non seriale e, nella fattispecie, di Antonio Bustamante. Quest’ultimo caso verrà trattato nel prossimo post.


La PetScan (Tomografia ad emissione di positroni) è uno strumento di indagine per immagine, con bassa invasività ed effetti collaterali, che permette di fotografare la funzionalità delle diverse aree cerebrali. Si somministra per via endovenosa un radio farmaco che, una volta entrato in circolo, si va a collocare nelle diverse aree cerebrali. Come potete ben vedere, negli assassini Raine ha evidenziato una ridotta funzionalità modulatoria del prefrontale rispetto al sottocorticale (le aree in rosso ed in giallo = alta funzionalità; le aree verdi e blu = ridotta attivazione) che rimane, pertanto, attivato.


Ed il cervello di Randy Kraft cosa ci dice?
La corteccia prefrontale è particolarmente attiva (alta funzionalità), rendendo Randy un cauto, astuto e pericoloso predatore. Nel corso della sua vita detta corteccia si ètalmente perfezionata, da trasformarlo in un abile ed “inafferrabile” criminale (attendere con pazienza il momento giusto, agganciare la preda con l’uso delle “arti” manipolatorie e seduttive ed agire senza correre il rischio di essere scoperto).

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