Encefalopatia traumatica cronica

Dott. Bruno C. Gargiullo e D.ssa Rosaria Damiani

Membership

National Center for Victims of Crime (Washington, DC), National Center on Domestic and Sexual Violence (Austin, Texas), American Society of Criminology (Columbus, Ohio), Società Italiana di Criminologia

La Chronic traumatic encephalopathy (Encefalopatia traumatica cronica – CTE) è una neuropatia degenerativa, conseguente a traumi cranici, che causa un tipo di demenza simile a quella dell’Alzheimer (cambiamenti comportamentali, confusione e perdita della memoria). La CTE è nota anche come encefalopatia del pugile (demenza). Inizialmente si ipotizzava che il danneggiamento cerebrale fosse dovuto ai ripetuti contraccolpi che il pugile riceveva durante il combattimento. Oggi però gli scienziati hanno scoperto che danni ancora più gravi sono quelli che interessano la sostanza bianca del cervello (guaina protettiva delle fibre nervose che facilita ed accelera la conduzione saltatoria, ovvero la trasmissione degli impulsi) le cui fibre si stirano e si torcono dopo gli urti. Come per l’Alzheimer, questa encefalopatia è caratterizzata da un accumulo anomalo di alcune proteine nel cervello, tra cui la proteina Tau (sostanza intracellulare con funzione di stabilizzazione della funzionalità neuronale) che forma filamenti che si raggruppano in grovigli all’interno delle cellule nervose, interrompendone la comunicazione (neuropatia degenerative).

Chi soffre di CTE può presentare uno o più dei seguenti problemi: Cambiamenti dell’umore (es., depressione, irritabilità, pensieri suicidi); alterazioni comportamentali (es., impulsività, aggressività), Cambiamenti della funzione mentale (es., dimenticanze, difficoltà attentive e di pianificazione), problemi muscolari (es., mancanza di coordinazione, lentezza).

Un caso

Aaron Hernandez, nativo di Bristol (Connecticut), era un giocatore di punta dei New England Patriots quando è stato arrestato per l’omicidio del giocatore di football semi-professionista Odin Lloyd nel giugno 2013 (fidanzato della sorella di Aaron). A quell’epoca Hernandez era già una star dello sport più popolare d’America. Giocava da tre anni nel massimo campionato, la Nfl e aveva appena firmato un contratto da 40 milioni di dollari per restare con i New England Patriots, una delle squadre più quotate, vincitrice del Super Bowl.

Nel 2015 il ventisettenne Hernandez è stato dichiarato colpevole e condannato all’ergastolo. Presumibilmente è stato anche legato a molteplici altre sparatorie e persino incriminato per un doppio omicidio da cui è stato assolto nel 2017. Pochi giorni dopo quell’assoluzione (19 aprile 2017), l’ex giocatore di football si è suicidato nella sua cella, impiccandosi. Il campione viveva in una crack house, era amico di un trafficante di droga, frequentava delle prostitute da pochi dollari, e aveva una predilezione per le pistole ed il consumo di droga.

Dopo il suicidio, l’autopsia rilevò la “vera natura del suo male”, ovvero tre lettere che, quando vengono nominate in America tra i giocatori di football, sono sinonimo di sentenza: CTE (Chronic Traumatic Encephalopathy). Le lesioni del 27enne sono state classificate come CTE di stadio 3, che gli scienziati non avevano mai visto in un cervello di età inferiore ai 46 anni. Il giocatore di football americano Hernandez aveva subito danni al lobo frontale, parte del cervello essenziale nella risoluzione dei problemi, nel giudizio e nel comportamento, all’amigdala, responsabile dell’elaborazione delle emozioni e all’ippocampo, importante per la memoria. In sintesi, ciò che i patologi hanno scoperto è che il cervello del giocatore era irrimediabilmente danneggiato, ovvero presentava due piccole cavità simmetriche in entrambi gli emisferi non dissimili dalla fossetta occipitale mediana Lombrosiana.

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