madri assassine

Spunti di riflessione

Bruno C. Gargiullo

Responsabile Sezione Italiana del National Center for Victims of Crime (Washington, DC)

Membership National Center on Domestic and Sexual Violence (Austin, Texas) e American Society of Criminology (Columbus, Ohio),

Società Italiana di Criminologia.

Troppo spesso si è assaliti da sgomento ogni qualvolta si viene a conoscenza di fatti gravi come ad esempio, l’uccisione di una bambina da parte della propria madre.

La prima domanda che immediatamente viene alla mente è “Come può una madre sopprimere la propria creatura?” Né tantomeno è risolutorio etichettare, come una persona malata di mente, l’autrice di un così grave reato.

Troppi sono i tentativi, peraltro nemmeno tanto “occulti”, con cui si tenta di affrontare la questione addebitandone la responsabilità al singolo, persona priva di scrupoli o di rimorsi. Tale atteggiamento, responsabile della facilità con cui si esprimono condanne nei confronti di queste persone, parte dalla convinzione che tra due fatti c’è sempre un rapporto di causalità (causa-effetto).

Ma è davvero “saggio” considerare la persona, sempre e comunque, responsabile del suo agire (considerazione semplicistica e liquidatoria) o, invece, è opportuno valutare le sue azioni come conseguenza di una molteplicità di cause (combinazione di fattori costituzionali, ambientali, esperienziali e psicologici) ?

Partiamo da un «concetto ampiamente condiviso: l’ uomo nel momento in cui modifica l’ambiente ne è a sua volta influenzato» (Gargiullo B.C., Damiani R., 2004).

Di conseguenza, appare inevitabile riconoscere, come primo punto, l’importanza del contesto socio-ambientale (famiglia e società) nella genesi del comportamento umano.

Certamente una famiglia multiproblematica (es., genitori assenti, negligenti, punitivi) può favorire nel bambina/adolescente un tale disagio psicologico ed esistenziale da esprimersi, fra l’altro, in instabilità affettiva, mancanza di controllo degli impulsi e spunti paranoidi.

Ma crescere in una famiglia problematica è sufficiente a spiegare comportamenti estremi? E’ ovvio che non è così, altrimenti non si spiegherebbe perché tante altre, pur essendo vissute in famiglie difficili, non solo non emettono comportamenti distruttivi, ma mostrano un discreto controllo emotivo, una sufficiente tolleranza alle frustrazioni e, soprattutto adeguate capacità di adattamento sociale e relazionale.

Il secondo punto importante da prendere in considerazione, nel momento in cui si valuta un comportamento, è la situazione (momento contingente) a cui un individuo reagisce in base all’esperienza acquisita (es., successi, delusioni, frustrazioni).

Attenzione, attribuire eccessiva importanza unicamente ai fattori esterni contingenti si rivelerebbe un errore di valutazione poiché in questo modo si verrebbe a non considerare la personalità dell’autrice.

II terzo punto importante da considerare, quindi, è la personalità (modo di essere o di pensare) che è il prodotto dell’apprendimento (processo di assimilazione o meno delle regole educative, sociali e relazionali) e del ” significato” che la persona conferisce a se stessa e all’ambiente.

E la componente neurobiologica non ha nessuna incidenza sul comportamento violento? Non è pensabile.

L’assunto da cui si parte è piuttosto semplice e chiaro: poiché non siamo tutti uguali, e questa diversità è data anche dalla nostra fisicità, il comportamento è conseguenza dell’interazione dei fattori socio-ambientali e di quelli anatomo-fisiologici.

Ciò significa che anche “il fondamento organico si forma nel corso della vita: esso è il risultato dell’interazione delle condizioni di vita dell’uomo e dell’informativa ereditaria” (V.N. Kudrjavcev, 1973). Cioè, “le tendenze ereditarie si sviluppano variamente secondo le condizioni esterne; proprio le condizioni esterne modificandosi determinano un complesso e mutevole processo di sviluppo. In altre parole, l’esperienza individuale non si aggiunge meramente alle proprietà innate, poichè anch’esse si realizzano e si trasformano nell’interazione con la realtà circostante” (M. Lebedinskiy e V. Mjasiscev “Introduzione alla psicologia della medicina” Mosca, 1966, citati in V.N. Kudrjacev, pag.33-34).

In conclusione, il biologico e lo psicologico sono due entità inseparabili ed entrambi subiscono l’influenza del contesto socio-ambientale:

  • l’uomo, quindi, è il prodotto delle determinanti biologiche e sociali;
  • le differenze comportamentali, pur essendo biologicamente “programmate”, quasi sempre sono culturalmente determinate» (Gargiullo B.C., Damiani R., 2004).

Riferimenti bibliografici:

Gargiullo B.C. , Damiani R., “Il Profilo psicodiagnostico, analisi e valutazione del comportamento umano” (Kappa Editore, 2004).

Gargiullo BC, Damiani R. “Il Crimine sessuale tra disfunzioni e perversioni” (FrancoAngeli Editore, 2008).

Gargiullo BC, Damiani R. “Vittime di un amore criminale” (FrancoAngeli Editore, 2010).

Gargiullo BC, Damiani R. “Lo stalker, ovvero il persecutore in agguato” (FrancoAngeli Editore, seconda edizione, 2016).

Gargiullo BC, Damiani R. “Psycho Behavioural Profiling: Victimological Comprensive Assessment” (Lulu Editore, 2013).

Gargiullo BC, Damiani R. “Viaggio nella mente criminale” (Lulu Editore, 2017).

Gargiullo BC, Damiani R. “Alle radici neurali della violenza” (Lulu Editore, 2018).