Tratto da Bruno C. Gargiullo e Rosaria Damiani, “Lo Stalker, ovvero il persecutore in agguato”, FrancoAngeli Editore, seconda edizione, 2016

Di solito, la reazione delle persone è quella di inserire la molestia all’interno di una logica che dia una spiegazione razionale e comprensibile di un comportamento che viene interpretato come corteggiamento (estraneo o conoscente) o come tentativo di recuperare un rapporto finito (ex partner).

Il cercare una spiegazione razionale (motivazione) al comportamento dello stalker (molestatore assillante) fa perdere di vista la vera natura di tale condotta che, se osservata da una diversa prospettiva (giuridico-criminologica), mostra gli elementi distintivi di un comportamento decisamente criminale.

Inoltre, per meglio comprendere la condotta di un molestatore assillante, bisogna tener conto che uno stalker può apparire come una persona ragionevole (“di buon senso”), disposta a “negoziare” i propri comportamenti.

Quindi, al fine di sviluppare delle adeguate strategie difensive, è opportuno non cercare una spiegazione “tranquillizzante” e, soprattutto, osservare attentamente i comportamenti di un molestatore che, se reiterati e assillanti, possono costituire un serio pericolo per la persona “oggetto di attenzione”.

In conclusione, quando ci si trova in presenza di azioni tenute da una qualsiasi persona, che rientrano nel quadro fenomenologico dello stalking, è “consigliabile” non minimizzare il problema e attivarsi per darne segnalazione agli organi di polizia che, a loro volta, sono tenuti a non sottostimare le gravi conseguenze a cui può andare incontro una vittima di un persecutore assillante. È vero che non tutti gli atti persecutori di uno stalker hanno esiti letali, certo è che tutti causano danni sul funzionamento globale della persona molestata, quale conseguenza di una costante condizione di ipervigilanza e di apprensione.

Per prevenire le gravi conseguenze a cui può andare incontro una vittima di molestie assillanti, sarebbe opportuno suggerire alcune linee guida:

• non minimizzare il problema;• non darsi una spiegazione razionale e tranquillizzante, interpretando tali comportamenti come corteggiamento (in caso di estranei o conoscenti) o come tentativo di recuperare un rapporto ormai “finito” (partner o ex partner);

• non considerare un molestatore assillante come una persona ragionevole (di buon senso) disposta a negoziare facilmente i propri comportamenti (es.,“se tu non mi evitassi; non sarei costretto ad appostarmi sotto casa tua nella speranza di poterti parlare”);

• valutare con attenzione se le condotte persecutorie inizino ad assumere connotazioni minacciose ed intimidatorie tali da costituire, nel tempo, un serio pericolo per la propria incolumità;

• archiviare qualsiasi elemento (sms, lettere, e-mail, bigliettini, ecc.) utile in caso di denuncia;• non accettare richieste di incontri “chiarificatori”, soprattutto in luoghi appartati;

• evitare possibilmente di seguire gli stessi itinerari e/o di sostare in luoghi isolati;

• impedire a terze persone (familiari e/o amici) di affrontare direttamente lo stalker per tentare di “ricondurlo alla ragione”;

• tenere a portata di mano un cellulare per chiamate di emergenza e, soprattutto, non cambiare il proprio numero di cellulare. Ciò potrebbe aumentare il livello di ostilità e di rabbia dell’offender nei confronti della vittima;

• non sentirsi responsabili di quanto sta accadendo e rivolgersi tempestivamente a professionisti competenti, in grado di supportare e fare chiarezza e, ove necessario, alle forze dell’ordine per una eventuale denuncia;

• non abbassare il livello di attenzione nutrendo eccessive aspettative in merito alle misure cautelari (art.9 612bis- Atti persecutori).

Ad esempio, il divieto imposto allo stalker di avvicinarsi ai luoghi abitualmente frequentati dalla persona offesa, non sempre mette la vittima al riparo da ulteriori rischi di condotte persecutorie.