A cura di Bruno C. Gargiullo, Rosaria Damiani 

I circuiti nervosi che regolano i comportamenti aggressivi fanno parte di una rete neurale che media i comportamenti sociali. Due delle molteplici aree che comprendono tale rete sono l’amigdala e la corteccia orbitofrontale. Infatti, i soggetti con lesioni del lobo frontale, inclusa la corteccia frontale orbitale, hanno maggiori probabilità di usare intimidazioni fisiche e minacce in situazioni di conflitto. L’altra anomalia implicata nell’aggressività e nella violenza riguarda l’iperattività del sistema limbico, compresa l’amigdala, in risposta a stimoli negativi, in particolare stimoli che provocano rabbia. Alcuni studi hanno suggerito volumi ridotti dell’amigdala in soggetti con disturbo borderline di personalità.
Ricerche più recenti si sono focalizzate sull’individuazione di possibili percorsi biochimici correlati alla violenza e quelli con maggiori riscontri scientifici sono rappresentati dai neurotrasmettitori associati al comportamento aggressivo, serotonina e dopamina.

Dopamina

Quindi, in riferimento all’aggressività ed al comportamento violento, oltre ai fattori genetici e ormonali, meritano particolare attenzione i neurotrasmettitori (o mediatori chimici) fra i quali la serotonina (uno dei più potenti modulatori corporei dell’umore, dell’appetito, del sonno e della percezione della sofferenza, con elevato effetto sul cervello) e la dopamina (controllo delle funzioni cognitive – es., attenzione, memoria e apprendimento – e motorie).

Molte ricerche hanno esplorato la funzionalità serotoninergica nell’interazione sociale violenta sia negli animali (dal 1960) che negli esseri umani (dalla fine del 1970). La maggior parte di questi studi indicano una relazione inversa tra il livello di serotonina (5-HT) e l’aggressività, in particolare per quella impulsiva o reattiva nelle diverse specie, anche se i risultati non sono ancora chiari per gli esseri umani. Attualmente si sta cercando di chiarire l’impatto dei meccanismi serotoninergici sull’aggressività reattiva. E’ nota, infatti, l’influenza della serotonina nell’inibizione degli impulsi, nella regolazione emozionale e nel funzionamento sociale; un basso livello di serotonina, nel liquido cerebrospinale, può fungere da rivelatore (marcatore biologico) di possibili condotte impulsive ed aggressive. In uno studio sperimentale si è osservato che bassi livelli di serotonina nel cervello producono una riduzione del funzionamento della corteccia orbito-frontale (apprendimento da ricompense e punizioni, flessibilità comportamentale, controllo degli impulsi, processi decisionali emotivi e sociali) durante la prestazione di un compito di inibizione motoria. Si precisa che la corteccia orbito-frontale, fra le diverse aree della corteccia frontale (prefrontale dorso laterale, frontale interna), riveste un ruolo particolarmente importante nella pianificazione e nella regolazione del comportamento in generale (motor level); la sua ridotta funzionalità è associata a disturbi del controllo emotivo (es., instabilità dell’umore) e comportamentale (es., ostinazione, impulsività, iperattività, ipersessualità, oppositività).

In breve,

«meno serotonina si ha, più è facile essere scontrosi… mescoliamo un basso livello di serotonina a una situazione sociale irritante…e la miccia si accende in un attimo» (Raine A., 2013, pag. 67)

A proposito della dopamina (DA), importante modulatore chimico della funzionalità neurale (Depue e Collins, 1999; Blum et al., 2000; Gray e McNaughton, 2003; Van Gaalen et al., 2006; Patrick et al., 2009), è stata osservata una iperproduzione del predetto mediatore in adolescenti, cresciuti in un ambiente familiare violento, che presentano seri disturbi della condotta (Galvin et al., 1991; 1995; 1997; Gabel et al., 1993). Stessa considerazione viene fatta per persone che esibiscono condotte antisociali, le quali evidenzierebbero un elevato rilascio (produzione), sino a quattro volte superiore alla norma, di tale neurotrasmettitore (Chambers et al, 2003; Solanto, 1998). E’ noto che i circuiti dopaminergici rappresentano i principali neurotrasmettitori del cervello emotivo ed, in particolare, dei processi emozionali del piacere e della ricompensa. Infatti, la gravità di un disturbo della condotta sembra essere riconducibile ad una disinibizione del sistema di ricompensa, che normalmente si attiva nel momento in cui una persona persegue un obiettivo e soddisfa un bisogno. Questo si estrinseca, a livello metabolico encefalico (reazioni chimiche cerebrali), in incremento di specifici neurotrasmettitori responsabili delle sensazioni soggettive di piacere (dopamina) o dell’attenuazione di stimoli dolorifici (serotonina). Ne consegue che il cervello delle persone, che presentano alti livelli di dopamina, ricerca il piacere ad ogni costo (es., psicopatia, abuso di droghe o di alcol), senza considerarne le conseguenze. Pertanto, i comportamenti ad alto rischio, per questi soggetti, non sono solo eccitanti ma possono rappresentare una “droga irrinunciabile”.

Ricompensa iper-reattivo

In sintesi, i predetti modulatori chimici (serotonina e dopamina), così come tutti i neurotrasmettitori, vengono regolati da molti geni responsabili della loro sintesi, del loro trasporto, della loro ricezione e del loro riassorbimento. L’alterazione del livello di tali modulatori produrrebbe un cambiamento cognitivo, emotivo e comportamentale, ed i geni, che condizionano la funzionalità neurotrasmettitoriale, potrebbero predisporre allo sviluppo di pensieri, stati emotivi e comportamenti aggressivi. Tuttavia, la vulnerabilità al comportamento aggressivo sembra accentuarsi in presenza di condizioni ambientali stressanti (Caspi et al. 2002).

Sbilanciamento neurochimico

Un caso esemplificativo dello sbilanciamento biochimico dei livelli neurotrasmettitoriali serotoninergici e dopaminergici è quello del quarantunenne James J. Filiaggi, condannato alla pena capitale il 10.08.1995 (giustiziato il 24.04.2007, mediante iniezione letale) per l’omicidio della ex moglie Lisa Huff di anni 27 avvenuto nel 1994.

«James Filiaggi aveva da sempre mostrato un temperamento piuttosto irritabile (da bambino staccò con un morso un pezzo di dito di suo fratello Tony ed un brandello di mano ad un’insegnante) pur essendo un ragazzo molto intelligente e studioso. Laureatosi con il massimo dei voti fece carriera nel mondo della finanza.
Nel dicembre del 1991 Filiaggi e Lisa Huff si sposarono ed ebbero due bambine, Alexis e Jasmine. Nell’agosto del 1992, la coniuge chiese il divorzio che venne ufficializzato nel febbraio del 1993. Lisa Huff ebbe la custodia delle minori, mentre Filiaggi ottenne il diritto di visita e fu obbligato a versare un contributo per il mantenimento delle figlie. I rapporti tra i due divennero sempre più burrascosi. Nella primavera del 1993, Lisa Huff, con le due figlie, si trasferì nell’appartamento del suo nuovo compagno Eric Beiswenger (Lorain – Ohio). La coppia ben presto divenne oggetto di ripetute molestie telefoniche, di atti vandalici e di aggressioni verbali e fisiche da parte del Filiaggi, il tutto debitamente regitsrato dalla Huff.
Una notte Filiaggi, fatta irruzione nell’abitazione della sua ex e dopo un’accesa e violenta discussione, le sparò alla testa uccidendola.
I consulenti della difesa, per evitare a James la pena di morte, cercarono di dimostrare la non colpevolezza per infermità mentale, poichè “al momento della commissione del reato, non era consapevole dell’illeicità dei suoi atti, come risultato di una malattia mentale grave o di un difetto” (State v. Brown, 1983, 5 Ohio St.3d 133, 5 OBR 266, 449 N.E.2d 449).
I quattro periti della difesa (Marc R. Pagano, psicologo clinico; Alexander J. Bodkin, Paul J. Markovitz e Emil F. Coccaro, psichiatri) erano concordi nel ritenere il Filiaggi non in grado di intendere e volere, al momento della commissione del crimine, in quanto affetto da un disturbo esplosivo intermittente e da un disturbo bipolare. Ciò che fece scalpore fu la testimonianza resa dal perito di parte Dr. Coccaro, eminente studioso nel campo dei neurotrasmettitori, che, nell’esaminare i referti medici e gli esami biochimici, concluse che l’imputato presentava uno squilibrio, ovvero bassi livelli di serotonina ed alti livelli di dopamina, che lo avrebbe indotto, la sera dell’omicidio, a reagire con incontrollata violenza nei confronti della donna ».
«L’aggressione impulsiva (o reattiva), che assume un ruolo critico nei comportamenti violenti e che viene considerata una delle significative manifestazioni psicopatologiche di numerosi disturbi mentali quali il borderline e l’antisociale di personalità (Coccaro e Siever, 2000; Linnoila & Virkkunen, 1992), è prodotta da una scarsa regolazione degli impulsi aggressivi ed è in comorbidità con altri disturbi mentali tra cui la depressione, il comportamento suicida e l’abuso di sostanze (disturbo esplosivo intermittente).
Il disturbo esplosivo intermittente è un serio disordine del controllo degli impulsi che crea problemi nel modulare le emozioni e gli impulsi aggressivi, che si traducono in accessi comportamentali ricorrenti (aggressione verbale o fisica verso proprietà, animali o altre persone) ed esagerati rispetto alla provocazione o a qualsiasi fattore psicosociale stressante precipitante, che inducono un individuo a violare le norme sociali e gli altrui diritti. Le ricorrenti esplosioni di aggressività non sono premeditate (cioè sono impulsive e/o generate dalla rabbia) e non hanno lo scopo di raggiungere qualche obiettivo concreto (es., denaro, potere, intimidazione) (DSM-5, 2013).
La revisione dei più rilevanti studi di biochimica, di imaging cerebrale e di genetica indicano che le interazioni disfunzionali tra i sistemi serotoninergici e dopaminergici, nella corteccia prefrontale, possono rappresentare un importante meccanismo alla base del legame tra aggressività impulsiva e i suoi disturbi in comorbidità. In particolare, l’ipofunzione serotoninergica, combinata con un’alta funzionalità dopaminergica, può rappresentare una caratteristica biochimica che predispone un individuo ad un’aggressione impulsiva (non pianificata e non premeditata). Detta iperfunzionalità della dopamina contribuisce, in maniera additiva, al deficit serotoninergico. Questa disposizione impulsiva sottostante si può manifestare in aggressività comportamentale auto ed etero diretta in presenza di eventi stressanti precipitanti. L’abuso di sostanze, associate con l’aggressività impulsiva, viene intesa nel contesto della disregolazione della dopamina, derivante da carenza di serotonina» (Dongju S., Christopher J. P., Patrick J. K., 2008, Coccaro EF, 2011; 2012, Raine A., 2013) «Inoltre, la maggior parte dei dati, provenienti dagli studi sui danni cerebrali e sulle neuroimmagini strutturali e funzionali, indicano che un comportamento aggressivo reattivo viene regolato da aree cerebrali frontolimbiche, ed in particolare dalla corteccia orbito frontale (OFC), corteccia prefrontale ventromediale (mPFC), amigdala e ippocampo. Pertanto, gli individui con aggressività impulsiva, con diagnosti di Disturbo esplosivo intermittente, mostrano un ridotto volume della materia grigia proprio nelle strutture frontolimbiche sopraelencate» (Coccaro E.F., Fitzgerald D.A., Michael McCloskey R.L., e Luan Phan K., 2016).

Filiaggi James

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